Corte costituzionale e politica. Tre no che pesano
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di Giorgio Aimetti - 6 luglio 2013

Per la terza volta in poco tempo, la Corte Costituzionale è intervenuta per abrogare riforme avanzate a vario titolo dal mondo politico. Lo ha fatto meno di un mese fa bocciando i provvedimenti del governo Monti che hanno istituito il contributo di solidarietà per chi gode di assegni superiori ai 90 mila euro. Lo ha fatto in questi giorni con due sentenze che modificano profondamente le decisioni del potere politico. La prima riguarda la riforma dell'ordinamento provinciale. Una decisione che soddisfa chi è restio a considerare un toccasana l'eliminazione di un livello amministrativo democraticamente strutturato, ma che pone nuovi interrogativi sull'intenzione dell'ordinamento giudiziario di condizionare il legislatore.

La seconda decisione riguarda invece il giudizio di incostituzionalità sull'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori che era diventato lo strumento tramite il quale la Fiat intendeva procedere alla ristrutturazione aziendale nei suoi stabilimenti italiani.

L’articolo 19 prevede, infatti, che «rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite [...] nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva». Questa disposizione si inserisce nella logica dello statuto che vuole garantire ai sindacati maggiormente rappresentativi nell’unità produttiva, oltre al livello di protezione comune a tutti i sindacati - che assicura libertà di associazione e di azione sindacale -, un livello ulteriore di tutela, con il riconoscimento di ulteriori prerogative.

L’attuale formulazione, però, è l’esito del referendum abrogativo dell’11 giugno 1995, con cui i promotori - rispetto all’originaria versione, che assicurava uno speciale credito alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale - perseguivano l’intento di pervenire a un ampliamento della cerchia dei soggetti ammessi al diritto di costituire Rsa, all’insegna della loro effettiva capacità rappresentativa.

Curiosamente il referendum abrogativo era stato promosso proprio da esponenti politici ed organizzazioni sindacali che non prevedendone le conseguenze ne sono state poi vittime. Come la Fiom che -non avendo firmato il contratto- ora appare particolarmente esultante per la sentenza.

Occorre certo attenderne le motivazioni che, se riguarderanno proprio la formulazione dei passaggi indicati, metterebbero quanto meno in discussione la decisione della stessa Corte Costituzionale che aveva ammesso il referendum del 1995.

Sempre che l'oggetto del contendere non sia superato dalle scelte delle aziende che sono state in questi anni sempre più propense a delocalizzare gli impianti, ed ora potrebbero trovare stimolo a delocalizzare anche le direzioni. Certe dichiarazioni a mezzo stampa di Marchionne dovrebbero quanto meno destare ulteriore allarme.

 

 
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