di Giorgio Aimetti - 15 luglio 2013
Chissà se dalle pagine di quei quaderni, conservati dal Senato della Repubblica, si intuirà, insieme con il suo fare da professore autorevole, anche la burbanza che lo aveva reso l'oggetto di tante satire impietose e che oggi, di fronte alla miseria culturale anche dei più autorevoli protagonisti della cronaca pubblica contemporanea, appare ben motivata.
Per Amintore Fanfani, la presentazione dei primi 4 volumi dei diari, quelli scritti dal 1943 al 1963, ha rappresentato una bella rivincita. I relatori, da Bernabei a Cardia a Casavola, hanno avuto buon gioco a ricordare gli straordinari miracoli economici che, a dispetto dei cultori dell'economia classica (e non si parlava di Ciampi o Monti, ma addirittura di Einaudi), trasformarono in dieci anni l'Italia distrutta dalla guerra in una delle sette potenze industriali del mondo.
Di quel periodo Fanfani è stato senza dubbio un protagonista e il più efficace realizzatore. La sua capacità operativa ne fece uno tra i migliori ministri del lavoro e dell'agricoltura e, da segretario della Dc e presidente del consiglio (oltre che ministro degli esteri e dell'interno), un cavallo di razza a dispetto dei cedimenti dimostrati verso una visione integralista del rapporto tra fede e cosa pubblica.
Nella riunione tenuta alla sala Zuccari di palazzo Giustiniani i curatori dell'opera (si tratta di quattro grossi volumi editi da Rubbettino) hanno ricordato la sua impostazione keinesiana che si scontrava con le necessità del pareggio di bilancio, il cui obiettivo già allora frenava la rinascita del paese e lasciava i cittadini nella miseria. Le allusioni al contemporaneo sono apparse evidenti e giustificate. Tanto più che l'obbligo dell'equilibrio dei conti pubblici, a quel tempo, era stato saggiamente escluso dalla Costituzione.
E se il professor Casavola, ha ricordato la necessità di ripensare al modo di recuperare l'impegno dei cattolici in politica, altri relatori non hanno mancato di precisare che la formulazione dell'articolo 1 della legge fondamentale dello Stato, dovuta proprio a Fanfani, parla ben piuttosto di Repubblica fondata sul Lavoro.
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