di Erika Pauselli - 24 maggio 2013

Dal Censis un nuovo e tutto sommato preoccupante aspetto della crisi che investe l'Italia. Viene dai dati che riguardano il numero di coloro, tra collaboratori domestici e badanti, che lavorano per le famiglie. Il dato è significativo: sono 1 milione e 655 mila, il 53% in più di 10 anni fa, per tre quarti stranieri e un quarto italiani. A tutta prima sembrerebbe un segno di ricchezza, ma guardano bene ne emerge più di un segnale di malessere. Vengono infatti al pettine le conseguenze della denatalità che ha riguardato il paese dopo il baby boom degli anni '60; le conseguenze della crisi del modello familiare, che si legge nell'alta percentuale di anziani che vivono da soli e che necessitano di un'assistenza che in altri periodi era gestita dai parenti.

Un'alta percentuale di badanti e colf si adatta a quel lavoro perché non ne ha trovato altro, o addirittura ha perso quello che aveva. Si tratta del 35% degli stranieri e del 41% degli italiani. Tale personale in genere non ha alcuna qualificazione ad al momento dell'assunzione non è proposta, se non nel 15% dei casi, da un'organizzazione che in qualche modo è in grado di garantirne capacità ed attitudini.

L'ulteriore aumento di età media della popolazione nei prossimi anni farà crescere ancor più il numero di addetti al settore. E ciò avrà un ulteriore riflesso sulle necessità di personale addetto all'assistenza degli anziani. Per i prossimi anni il 44% delle famiglie sa fin da ora che avrà bisogno di un badante, ma il 41% di queste teme che dovrà rinunciarvi per motivi economici. Già adesso il 48,2% ha ridotto i consumi pur di mantenere il collaboratore. Il 20,2% ha intaccato i propri risparmi, il 2,8% si è dovuto addirittura indebitare. E alcune famiglie (il 15% del totale, ma il 20% di quelle del nord) arriva a considerare l'ipotesi che un componente del nucleo rinunci al proprio lavoro per prendere il posto del collaboratore.