Il mio incontro con l’Africa
Tutti abbiamo un’idea di come si svolge la vita di un cittadino occidentale medio, quali sono le sue abitudini e stile di vita o come va l’economia del suo paese. Ma quando cerchi di conoscere realtà fuori dall’Occidente, cominciano i problemi e districarsi tra le mille pseudo informazioni che circolano diventa davvero difficile. Io volevo invece provare sensazioni autentiche ed ero curiosa di vedere con i miei occhi quelle località. Volevo provare ad immergermi io stessa, nella quotidianità di questa gente. E così mi sono decisa e sono partita con la mia valigia carica di aspettative. Il mio primo incontro con l’Africa è avvenuto il 2 novembre 2010 all’aeroporto di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, uno tra i paesi più poveri del mondo. Mi sono trovata in una stanza grande, col tetto basso e in rifacimento. Intorno a me molte paia di mani nere si affollavano per afferrare le valigie sul nastro trasportatore. Fuori, la sera era ormai calata da qualche ora e le poche luci della strada brillavano opache per la polvere rosso-intenso che si solleva copiosa durante la stagione secca. Facevo parte di una spedizione organizzata dall’ONG Bambini nel Deserto, con cui collaboro già da qualche tempo, insieme a Lorenzo, uno studente di medicina, Irene, un’ostetrica, Harouna, il nostro autista e Alimata, una collaboratrice dell’Ong. Insieme abbiamo percorso più di 3000 km in otto giorni nella 4X4 bianca e stracarica di valigie, materiale sanitario e medicine. Dal Burkina Faso, abbiamo percorso la strada per giungere in Benin. A Tangiuetà, una delle città più importanti del Paese, abbiamo sostato qualche girono per incontrare dei funzionari di banche, istituzioni di micro finanza e personale di Ong locali. Persone diverse tra loro per carattere certamente ma tutti estremamente cordiali e disponibili. Giunti al sud del Benin, a Grand Popo, abbiamo poi ripreso la strada verso la trafficata frontiera con il Togo, non senza però un bagno nelle acque dell’oceano Atlantico alle 6 del mattino, insieme ai pescatori che tornavano dalla notte in mare. E’ stata un’emozione unica osservare quei pescatori stanchi dalla notte ma molto fieri del loro lavoro. Da lì il nostro viaggio proseguiva di nuovo verso Nord per raggiungere ancora una volta il Burkina Faso e terminare la nostra corsa nel villaggio di Bassi e Zanga. Qui, tra le altre attività, abbiamo organizzato una piccola campagna di sensibilizzazione per la lotta contro la malaria, nell’infermeria autogestita dal villaggio. Nonostante l’occasione non fosse delle più allegre, mi ha riempito di calore l’affetto che ci hanno dimostrato le donne e sono sicura che non scorderò facilmente i loro complici sorrisi quando, a 35 gradi all’ombra, il caldo ci toglieva le energie. Sono rimasta molto colpita dalla forza interiore che ha questa gente e ancor di più, sono rimasta stupefatta dagli occhi intensi e neri dei bambini africani sempre pronti a mettersi in posa per una foto. Sono partita per visitare l’Africa perché sono sempre stata affascinata dai racconti che avevo sentito su questo continente. Sebbene questo sia stato un breve viaggio ho lasciato a malincuore le tante persone incontrate sulla nostro percorso per il calore che ci ha dimostrato la maggior parte di loro. Incontrare una realtà tanto diversa comporta un’alchimia di emozioni che consiglio a chiunque sia curioso di scoprire cosa c’è un po’ più in là del suo naso. Lavinia Plataroti
14 dicembre 2010 |