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Il movimento studentesco, pił ieri che oggi

Il movimento studentesco, più ieri che oggiUno speciale scuola su «Terzafase» del 1986

«Non tagliateci la scuola». «Non serve nascondersi, bisogna partecipare». Questi e altri slogan campeggiavano sui cartelloni del movimento ’85, l’organizzazione studentesca che a metà degli anni Ottanta rinnovava in Italia la protesta per l’occasione mancata di una riforma scolastica vera ed efficace.
A quasi 25 anni da quelle manifestazioni e alla vigilia di un anno scolastico di difficile decifrazione, verrebbe da dire che i temi e le questioni di allora permangono purtroppo quasi per intero. Sono ancora in gioco gli squilibri generazionali, da cui derivano le contraddizioni di una scuola e forse di un’intera società che definiscono scale di valori e propongono determinati comportamenti senza mettere i giovani in condizione di raggiungerli o di realizzarli.
Allora, però, i fermenti giovanili interpellavano maggiormente le coscienze, obbligando a considerare il rapporto tra sistema scolastico e trasformazione sociale. C’è da chiedersi quanto oggi questi argomenti facciano opinione e con quale autorevolezza il mondo giovanile riesca a elaborare una propria agenda tematica. Se nella stagione della consunzione definitiva delle ideologie ci si interrogava come raccordare egualitarismo e meritocrazia, oggi il quadro è dominato dalla crisi identitaria e dalla difficoltà a incarnare un’idea di società in cui non ci si limiti a realizzare la semplice giustapposizione dei beni e degli interessi individuali.
Sarebbe utile a tal proposito rileggere quanto si scriveva vent’anni fa sul movimento studentesco. La rivista di Carlo Donat-Cattin «Terzafase» affidò il compito di un’analisi del movimento ’85 a due giovani collaboratori, che avrebbero poi fatto dell’impegno politico una vera e propria ragione di vita: Giorgio Merlo e Gianfranco Morgando. Sul primo numero del mensile del 1986 comparvero due loro articoli da cui vale la pena attingere un paio di citazioni. Merlo colse l’occasione per far emergere le differenze tra i ragazzi dell’85 e quelli del ’68: il movimento studentesco a lui contemporaneo sarebbe stato più riflessivo e riformista, oltre che meno semplificatorio e brutale. «Questa volta – scriveva – le componenti di merito, di ricerca della possibilità di studiare meglio per potere poi avere prospettive, questi fattori che in qualche modo si potrebbero chiamare “acquisitivi” nella protesta, sono l’elemento differenziale». Secondo Morgando, invece, «le differenze col ’68 sono di altro tipo: allora il movimento aveva assunto progressivamente il ruolo di avanguardia di una nuova classe, quella degli studenti, capace di un progetto generale di trasformazione rivoluzionaria della società da realizzarsi attraverso una stretta alleanza con la classe operaia; oggi il movimento orienta prevalentemente la sua attenzione sugli aspetti generazionali». Da una parte, dunque, la considerazione dei sessantottini come di «ferrivecchi della rivoluzione»; dall’altra la considerazione degli aspetti politici di entrambi i movimenti e dell’urgenza di creare condizioni che diano la possibilità «a questa nuova domanda politica di esprimersi».
Ognuna dal proprio angolo di prospettiva, le analisi di Merlo e Morgando erano la prova convergente di una ricchezza e di un’attenzione a quanto sapeva esprimere il movimento studentesco. Verso di esso, però, si sarebbe registrata negli anni successivi una progressiva obliterazione.

Alessandro Parola

info@alessandroparola.it

29 agosto 2008

 
 
 
     
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