I dati relativi alle università italiane dimostrano come sia ridotto l’interesse verso l’evoluzione della cultura nel nostro Paese: le spese investite per studente scendono da 7.300 euro del 2001 a circa 6.800 euro nel 2005, mentre nella vicina Spagna si assiste ad un aumento considerevole sugli investimenti che segna il passaggio negli stessi anni da 6.600 a 8.500 euro.
Un disastro scolastico che giustifica le dure parole del sociologo Antonio De Lillo, il quale presentando i risultati di una ricerca dell'istituto di ricerca Iard (Individuazione ed Assistenza ai Ragazzi Dotati) sui giovani e la lettura, a Roma agli Stati generali dell'editoria, non dimentica di sottolineare che il nostro è un Paese vecchio, con un Pil in crisi, che ha rinunciato ad investire sulla cultura e che sembra rassegnato al declino. E come potergli dare torto visti i risultati che parlano di un 26,4% dei quindicenni che mostrano grandi difficoltà nella comprensione dei testi, rispetto ai coetanei irlandesi, danesi, svedesi e olandesi che riducono invece le loro incomprensioni ad una percentuale del 12-16%.
Questa ignoranza territoriale sarà legata ad una questione di clima? Quale grande differenza può arrivare a trasformare i giovani cittadini italiani in abitanti di un Paese rassegnato al declino? Forse le responsabilità potrebbero essere suddivise fra i gruppi di riferimento dei giovani partendo proprio dalla famiglia d’origine, che non ha le risorse culturali ed educative per poter indirizzare i figli verso percorsi culturali complessi, o che non ha risorse materiali per poterli inserire in un ambiente adatto allo sviluppo di un’attività culturale adeguata. Ma le colpe non possono essere riversate solo sui genitori come responsabili principali del suicidio culturale della propria prole. I dati riferiti dallo Iard confermano infatti che la spesa per la Pubblica istruzione si attesta da noi attorno al 4,5 %, mentre in Danimarca si arriva all' 8,3, in Svezia al 7,0 in Francia al 5,7 e in Gran Bretagna al 5,5 %. Parametri che potrebbero sembrare semplici numeri se non si considerasse il fatto che ogni 100 euro spesi in più per studente porterebbero ad una diminuzione della percentuale degli studenti in difficoltà del 0,3%.
Il quadro che si delinea da queste tristi verità è quello di una disfatta culturale di una società, che non ha saputo sfruttare le occasioni passate per favorire l’evoluzione educativa di chi rappresenterà il futuro di una nazione. Silvia Serena
3 ottobre 2008
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