Carlo Donat-Cattin


Carlo Donat-Cattin leader Dc e uomo di governo. Due convegni per ricordarlo PDF Stampa E-mail

 

26 gennaio 2016


La Fondazione Carlo Donat-Cattin ha promosso due appuntamenti, a Roma e a Torino, per ricordare uno dei protagonisti della vita politica dell'Italia uscita dalle macerie della guerra e diventata una democrazia e una potenza industriale.
Il primo appuntamento è previsto giovedì pomeriggio 10 marzo al Senato. Come Fondazione e come famiglia vogliamo esprimere la nostra gratitudine al Presidente Pietro Grasso, che aprirà i lavori. Al professor Francesco Malgeri il compito di delineare il ritratto storico di Carlo Donat-Cattin. Seguiranno le testimonianze di Giorgio Napolitano, Franco Marini, Pierferdinando Casini e Maurizio Sacconi. Porterà il suo saluto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi se non sarà ‘bloccato’ da impegni istituzionali nazionali o internazionali.
Il secondo appuntamento è programmato  a Torino sabato mattina 19 marzo, in una sede ancora da stabilire, che vedrà la  presenza di personaggi del mondo politico, sindacale ed economico.
Tutti gli amici sono invitati a partecipare per assicurare il successo delle manifestazioni nel ricordo di un uomo che ha vissuto e operato per il bene pubblico e per la difesa dei diritti dei lavoratori.

 
L'Italia delle culle vuote. 80 euro per le neo mamme. Certo non basta, ma va nel senso giusto. Quel che diceva Donat-Cattin. PDF Stampa E-mail

di Giorgio Aimetti

22 Ottobre 2014

Nella serie di progetti, riforme e provvedimenti sfornati senza sosta dal premier Renzi, l'ultima promessa sembra cogliere nel segno. Forse apparirà ai critici nient'altro che una regalia. Forse si sarebbero potute studiare forme più adeguate alle norme, ma almeno serve a indicare l'attenzione a un problema reale. E fa discutere.  
Il tema dell'aiuto alla maternità è da alcuni decenni dimenticato in Italia, e non per caso il nostro paese rischia di vedere scomparire poco a poco la popolazione autoctona. Recenti studi di istituti internazionali hanno rilevato, tra lo stupore dei commentatori, che la popolazione del nostro paese entro la fine del secolo, in assenza di immigrazione, sarà ridotta a dieci milioni di abitanti. Una cifra che sembra paradossale, ma che ha un solido fondamento scientifico.
Carlo Donat-Cattin già nel settembre del 1986, al convegno di Saint Vincent, aveva ricordato che «al centro del riformismo vi è il recupero di questo valore di solidarietà, che passa attraverso il riconoscimento della partecipazione, delle autonomie, dell'autogoverno, della valorizzazione delle società intermedie, la prima delle quali è la famiglia», e ammoniva: «Badate che le curve attuariali dicono che nel 2070, l'etnia italiana sarà di poco più di 20 milioni di persone in una penisola abitabile da 100 milioni. Noi costituiamo un ministero dei Beni culturali per disotterrare le statue, per tenere in piedi gli “atrii muscosi”, i “fori cadenti” e abbiamo timore di essere tacciati di fascisti per propaganda demografica; ma non si tratta di propaganda demografica. Quello che l'Italia ha dato alla storia del mondo non può farci trovare cancellati, di modo che di qui a due o trecento anni la gente, i ragazzi che vanno a scuola ascolterebbero: “Ecco, c'erano i Sumeri nella pianure del Tigri e dell'Eufrate e c'erano gli Italiani tra gli Appennini e le Alpi”.  E lo dico con tutta l'anima anche a tanti che sono qui: è meglio avere figli, anche se ti fanno sanguinare il cuore. Perché questa è la vita, questo è il contributo nel sacrificio, nell'amore, nella pena e nella gioia di vivere, che offre la continuità che dobbiamo dare al mondo, ai doni che da Dio abbiamo ricevuto».
A noi che c'eravamo, quella perorazione risuona ancora nelle orecchie, così come risuonano gli applausi e ritorna il ricordo della commozione dei presenti, alcuni dei quali, come Flaminio Piccoli, battevano le mani e a un tempo cercavano di asciugarsi le lacrime.
Il provvedimento annunciato con uno spot televisivo da Renzi ha un fondamento maledettamente serio. Tanto più serio dal momento che politici esagitati cercano di far leva su un disagio di pelle per fare voti e promettono l'impossibile cacciata degli immigrati, nuovi cittadini che, lo si voglia o no, diventeranno sempre più necessari alla nostra società, con il diminuire delle nascite tra gli italiani di vecchia stirpe.

 
Una messa per ricordare Carlo Donat-Cattin PDF Stampa E-mail

di Giorgio Aimetti - 13 marzo 2014

Nel marzo di ventitrè anni fa moriva Carlo Donat-Cattin che, da ministro del Lavoro, aveva appena chiuso il contratto nazionale dei metalmeccanici. Era stato ricoverato a Montecarlo per un intervento di cardiochirurgia, dal quale non si era ripreso. La sua scomparsa coincideva con i primi segni della vicenda di Mani pulite che avrebbe provocato la fine della prima repubblica, un avvenimento che il leader storico della sinistra Dc di Forze Nuove, aveva da anni tentato di esorcizzare.

Aveva proposto riforme per dividere politica e gestione della cosa pubblica, scritto articoli e libri aveva pronunciato discorsi appassionati in parlamento e in molti convegni, denunciando la commistione tra affari e politica, il consociativismo che nasceva dalla cultura dell'intesa, i maldestri tentativi di riformare la legge elettorale (era sempre stato contrario al sistema maggioritario e al presidenzialismo di vario tipo) prevedendo lucidamente i rischi che ne sarebbero derivati per la democrazia e per i partiti politici a larga base popolare.

Con l'approvazione dello Statuto dei lavoratori, aveva posto un punto fermo che aveva sancito quello spostamento di potere a favore delle componenti sociali subalterne che rappresenta ancora oggi - in tempi di riflusso - la migliore conquista del riformismo italiano e il vanto del primo centro sinistra.

Carlo Donat-Cattin sarà ricordato dalla famiglia e dagli amici sabato 15 marzo, a Torino, con una Messa celebrata alle ore 18.10 al Santuario della Consolata.

 
Omaggio di Torino al ministro del lavoro dell'autunno caldo PDF Stampa E-mail

13 marzo 2014

È stato intitolato a Carlo Donat-Cattin il sottopasso di Via Mortara. La cerimonia, lo scorso 28 febbraio, ha visto riunite autorità comunali, familiari e amici della politica e del sindacato.

Il figlio del leader della sinistra sociale della Dc, Claudio, ha ringraziato, anche a nome della Fondazione, il Presidente del consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris, i consiglieri, le circoscrizioni 4 e 5 e la città di Torino che hanno voluto dedicare a suo padre l'opera.

"È un viadotto - ha detto Claudio Donat-Cattin - che attraversa uno dei cuori industriali della nostra città: qui sorgevano le cattedrali dell'industria dove migliaia di operai svolgevano un lavoro duro, faticoso e anche pericoloso. Carlo Donat-Cattin li conosceva bene perché è cresciuto, dopo l'impegno nella Resistenza, alla scuola del sindacalismo torinese e si è formato e plasmato sui problemi del lavoro e dell'industria in consiglio comunale.

Mio padre sarebbe onorato di segnare una tappa dello sviluppo post-industriale nella speranza che il tramonto della grande industria non spenga il futuro di Torino e del suo hinterland (...) Da sindacalista, consigliere, deputato e poi ministro ha posto sempre al centro del suo impegno la giustizia sociale. Il suo cuore è sempre stato legato a Torino e al Piemonte. E questo legame forte si è manifestato nella difesa dei diritti e nella contrapposizione ai poteri forti, quella grande industria che ha sempre tentato di condizionare tutte le realtà politiche ed economiche.

Questo legame forte con Torino ha avuto un'ultima espressione nell'estate del Novanta quando ha tenuto proprio qui il vertice dei ministri del lavoro europei lanciando il primo manifesto europeo per i diritti dei lavoratori. Un segnale forte, poco prima della scomparsa dell'uomo di governo che ha dedicato la sua vita alla promozione dei più deboli in una visione sociale e cristiana della vita".

 
Donat-Cattin e il sistema elettorale PDF Stampa E-mail

31 maggio 2013

Il cammino difficile verso un nuovo sistema per eleggere le camere sembra incontrare difficoltà ed obiezioni; com'è giusto che sia, dal momento che un diverso meccanismo di selezione della classe dirigente può del tutto alterare l'esito del voto, portando al potere minoranze o favorendo la nascita di partiti nuovi, cancellando altri che magari sono stati il sale della storia dell'Italia unita. Non sono dunque in ballo solo la governabilità e l'efficienza delle istituzioni parlamentari. Nel 1990, mentre si moltiplicavano le richieste di modifiche della legge elettorale e addirittura si preparava un referendum in merito, Carlo Donat-Cattin intervenne più volte avvertendo dei rischi che venivano dal maggioritario e dal presidenzialismo. Di seguito riportiamo un passaggio estratto da Terza Fase - “L’ombra lunga di Babele”, giugno-luglio ’90. Si tratta di un brano a suo modo profetico.

“La proporzionale in Italia ha portato al potere le grandi forze popolari, alle quali la strada era stata sbarrata dagli interessi privilegiati che si valsero del fascismo: anche se una recente agiografia confindustriale, con le solite affermate firme storiografiche (e spiace che taluna sia socialista), ci vorrebbe dimostrare che tutto è accaduto per caso con esclusione dei presenti; come, in altri momenti, insane tesi difensivistiche tesero a cancellare del tutto la non opposizione e l’adattamento, fino ad un certo limite, al fascismo, da parte di gerarchie cattoliche.
Con la caduta dell’ideologia marxista-leninista, l’instabilità dei governi si è accentuata ed ha fatto rapida strada la volontà di cambiare alleanze. Prima ancora del potere d’opposizione dei comunisti, è venuta meno l’egemonia della Democrazia cristiana ed è stata messa in forse la sua centralità. Il presidenzialismo è un sostituto di tipo plebiscitario della rappresentatività per dar premio alle scelte sulla persona, il successo, la ricchezza, molte volte emotive, d’immagine superficiali. Il maggioritario, che scaturirebbe dal referendum, sarebbe in un certo tempo scelta tra due poli senza altra modulazione. Nel caso americano esso emargina i meno abbienti e vede interessati alle scelte politiche poco più del 50 per cento dei cittadini. Il maggioritario in Italia è stato adoperato per cinquant’anni a livello politico ed ha garantito il potere dei ceti privilegiati anche mediante la politica trasformistica, che è forse un brevetto nazionale.”







 
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