Ancora fumata nera per il Quirinale. Il Pd nel caos
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di Giorgio Aimetti - 19 aprile 2013

Anche Prodi non ce l’ha fatta. Così il partito democratico ha consumato un secondo leader prestigioso in due giorni e si trova ora in una situazione difficilissima, con i dirigenti che uno dopo l'altro lasciano il posto mentre esso è costretto a risolvere una difficile alternativa che può risultare mortale: arrendersi a Grillo e votare Rodotà, preludio di un governo delle sinistre che dovrebbe affrontare la diffidenza internazionale, oppure fare una scelta istituzionale (potrebbe anche essere quella di Draghi) per poi appoggiare un nuovo esecutivo di larghe intese a guida altrettanto istituzionale. Il Pd dovrebbe comprendere (tutti, da Bersani al sindaco di Firenze, al professor Barca) che le elezioni anticipate a questo punto, benché quasi inevitabili, si profilerebbero come una scommessa con poche possibilità di successo. Addirittura quello che era lo schieramento più votato rischierebbe di franare in modo irrimediabile.

Le divisioni che si manifestano all’interno dei suoi parlamentari non promettono niente di buono per il paese. E persino la stella di Renzi rischia di tramontare dopo le ultime complicate evoluzioni del personaggio (prima disposto all’intesa con casa Arcore, poi pronto a scegliere Prodi per assecondare le avances del movimento 5 stelle, che lo ha spietatamente gabbato).

La situazione è gravissima al punto da mettere i brividi anche al resto dello schieramento politico a cominciare dai tradizionali avversari del Pdl. I numeri dei parlamentari mostrano che alternative dal centro o dal centro destra al momento non esistono. La soluzione dei problemi del paese passa per il Pd o per la maggioranza di esso. Non si è di fronte a una tradizionale elezione presidenziale come quelle dei tempi della prima repubblica. In gioco c’è qualcosa di più, non un ruolo di garanzia, come quello costituzionalmente previsto per il capo dello Stato, ma un ruolo politico enfatizzato da un parlamento dove ognuno è nemico dell'altro e non si vede la possibilità di formare un governo in piena e drammatica crisi. Il Belgio per più di un anno fu guidato da un esecutivo dimissionario. Difficile che l’Italia possa permettersi di fare altrettanto.