Elezioni in Europa. Una scossa alla politica, ma i cittadini sono nell'incertezza.
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Dall'esito delle votazioni di queste queste ultime settimane resta il segno di un'incertezza forte nell'orientamento dell'elettorato di tutta Europa. Testimonianza di una crescente insoddisfazione non solo verso gli orientamenti politici tradizionali, ma anche di una netta sfiducia nei confronti delle scorciatoie che i nuovi movimenti intendono imporre alla storia. Lo dimostra il crescente numero di astensioni prima ancora che le preferenze per l'una o l'altra parte.

Anche l'esito del voto in Gran Bretagna, che sotto certi aspetti può sembrare una conferma dei principali partiti presenti nel paese (al punto che i nazionalisti, terzo incomodo negli ultimi 10 anni, sono scesi dal 13 al 3% dei consensi), in realtà premia, tanto a destra, quanto a sinistra, personaggi e politiche che hanno tradito le scelte fatte dai loro predecessori e lasciano spazio a iniziative che sembrano assecondare reazioni e sentimenti istintivi e non meditati dell'elettorato.

Persino il buon risultato, imprevisto fino a poche settimane prima, del laburista Corbyn potrebbe essere definito come frutto di una sorta di populismo di sinistra secondo l'interpretazione di un recente studio del politologo Paolo De Luca (Gli apprendisti stregoni. Mappa del populismo in Europa, Laruffa Editore, che sarà presentato alla Fondazione Donat-Cattin il prossimo 10 luglio alle 17 e 30).

Certo, i due partiti principali hanno toccato una percentuale di consensi superiore a quella degli ultimi decenni; e solo la vicinanza dei due risultati (42 a 40%) ha reso impossibile dichiarare subito il successo di una parte sull'altra. Ma sono consensi dati a politiche figlie della Brexit, differenti da quelle che erano state incarnate per decenni tanto dai Tories quanto dal Labour.

Non diversamente sono andate le cose in Francia, dove la vittoria del presidente Macron, alla testa di una compagine elettorale “nuova”, ha sbarrato la rincorsa al potere di Marine Le Pen, ma ha dato un altro colpo al tradizionale bipolarismo presente nella quinta repubblica francese. Tanto che i protagonisti di quella fase storica (socialisti ed ex gollisti) sono stati fortemente ridimensionati, ottenendo tra tutti e due solo il 30% dei voti.

Il voto amministrativo in Italia, nella sua parzialità, ha confermato analoghi sintomi di indeterminatezza interrompendo la corsa del Movimento 5 stelle o della Lega che sembravano i protagonisti dell'ultima fase politica del paese.

Si vedrà tra pochi giorni chi avrà successo nel voto a due turni per i sindaci. Ma l'affermarsi ovunque di tante liste civiche dall'incerta connotazione, sembra un ulteriore attestato di sfiducia nei confronti di quelle forze politiche (tutte, comprese quelle che reclamano di essere più vicine ai “cittadini elettori”)  che hanno dominato la scena politica dei mesi passati.

Se sia la vittoria o la sconfitta dei movimenti populisti nell'Unione europea è tutto da verificare. Nei prossimi mesi si voterà in Germania (che appare oggi più teutonicamente stabile) e solo allora si potrà capire ciò che ci prepara il futuro.

 
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